CELESTIN EMILE CLASQUIN; IL TALENTO PERDUTO

Molti erano gli artigiani che popolavano il già citato sottobosco della cittadina di Mirecourt. Se da un lato questo modo di concepire il lavoro provocò un graduale decadimento della qualità degli archi, dall'altro le grandi fabbriche furono fucine preparatorie dalle quali sbocciarono ottimi archettai, anche se di alcuni, come Celestin Emile Clasquin si sono perse quasi completamente le tracce.

Arco da violino Celestin Emile Clasquin 1920 - timbrato J.J. Holder

Celestino nasce a Mirecourt l' 11 Giugno del 1875 da Fourier Emile Clasquin, uno dei molti operai che lavoravano nell'indotto della liuteria della città, e Marie-Joséphine Cherpitel, ed è un piccolo enigma dell'archetteria.

Dotato di buona manualità, Celestin Emile viene istruito alla professione da Charles Nicolas Bazin, fucina principale dalla quale passarono la maggior parte degli archettai di Francia, e vi rimane probabilmente fino alla fine dell'Ottocento.

Mentre i suoi colleghi di pari livello come i quasi coetanei Sartory o Victor Fetique iniziano a spostarsi verso Parigi per cercar fortuna, il meno arrivista Celestin rimane a Mirecourt e si sposta a lavorare per Jérome Thibouvelle-Lamy. Rimarrà nella fabbrica di Mirecourt dal 1901 fino al 1906, producendo archi che seguono le linee di riferimento dell'epoca "Voirin-Lamy"; molto difficili da reperire e anche da riconoscere a causa dei tanti operai che vi lavorarono in quegl'anni.

Non è noto per chi lavorò dopo il 1906, è però certo che nel 1914 fu chiamato sotto le armi, abbandonando il lavoro fino al 1918.

Al termine della Prima Guerra Mondiale si trasferisce a Parigi e apre la sua attività ma le cose non vanno proprio come sperato. Un po per le condizioni precarie dell'immediato dopo guerra, ma in parte anche per colpa di un carattere discontinuo, il lavoro scarseggia ed è costretto ad accettare molti lavori di manutenzione e restauro, oltre a costruire archi per più di un liutaio; uno tra tutti l'ancora giovanissimo Marcel Vatelot.

Personaggio quantomai avvolto dal mistero scompare nel 1928 nelle banlieue sud di Parigi.

Gli archi

Arco da violoncello Celestin Emile Clasquin 1920

Osservando il lavoro di Clasquin ci si rende conto di quanto fosse importante per gli artigiani avere la possibilità di iniziare a lavorare nei grandi laboratori come quello di Bazin, e di quanto per assurdo oggi se ne senta la mancanza.

Oggigiorno per poter dire di essere un archettaio sono sufficienti un paio di anni di corso in una scuola, dove se sei bravo e ti impegni alla fine ti diplomi avendo costruito al massimo cinque archi; quelli che lavorano molto sodo, si intende.

Uno come Clasquin, e praticamente tutti gli archettai che lavorarono fino alla Seconda Guerra Mondiale, prima di aprire a proprio nome dovevano aver trascorso dieci/quindici anni in una fabbrichetta e costruito migliaia di archi. Dopo di che se davvero avevano tutte le carte in regola riuscivano, facendo chili e chili di trucioli, a ritagliarsi una propria fetta di mercato.

In questi grandi cantieri che sfornavano archi e archettai è vero che si imparava a lavorare veloce, ma lo è altrettanto che quando ne uscivi eri praticamente in grado di fare di tutto con gli utensili. In oltre, se come Celestin eri dotato di gusto, aver riprodotto molti modelli ti forniva i mezzi per crearti un tuo sviluppo stilistico.

Anche se lavora in proprio per circa dieci anni riesce a proporre qualcosa di alternativo agli imperialismi stilistici imposti prima da F.N. Voirin e poi da Eugene Sartory. Osservando i suoi lavori si intuiscono alcune piccolissime fonti di ispirazione, che per altro si modificano velocemente nel tempo, più che l'adozione di una scuola.

Nelle sue teste si possono leggere le varie frequentazioni che ebbe negli anni della preparazione, da C.N. Bazin alla scuola Thibouville-Lamy, passando per J.J. Martin e richiamando perfino echi di J. Henry. Nelle teste da violoncello in particolar modo, anche se non nell'arco mostrato.

L'arco da violoncello fotografato è un esempio eccellente della libertà creativa di questo autore. Il nasetto nelle geometrie e dimensioni richiama molto la scuola Peccatte, anche se entra poco con la gola, arrivando dritto sull'anello e togliendo respiro armonico alla forma. Risolverà il problema negli anni successivi.

La testa invece è un vero e puro esempio del pensiero Francese. Si disinteressa completamente del fatto che uno spessore così esiguo possa mettere a repentaglio la struttura dell'arco per giocare con le linee, e lo fa meravigliosamente bene.

Se osservate le geometrie che la compongono vi renderete conto che a dispetto di un profilo così stravagante, le linee portanti si chiudono tutte coerentemente una sull'altra, e oltre a renderla armonica gli danno anche un non sgradevole effetto di leggerezza.

Approfondimenti:

CARLES NICOLAS BAZIN; IL FONDATORE 

EUGENE SARTORY CELLO 1930 

VICTOR FRANCOIS FETIQUE; IL CAGIONEVOLE  

LOUIS EMILE JEROME THIBOUVILLE-LAMY; L'AMMINISTRATORE DELEGATO  

ARCO DA VIOLINO JOSEPH ALFRED LAMY 1915; LE CONSEGNE  

CHARLES LOUIS E CHARLES ALFRED; GLI ULTIMI BAZIN  

FRANCOIS NICOLAS VOIRIN 1872/1875  

EUGENE SARTORY; VIOLINO 1920  

JEAN JOSEPH MARTIN - 1880/85  

JOSEPH HENRY; L'ENFANT PRODIGE  

A presto

Paolo