J.J. MARTIN: L'ULTIMO GRANDE

In un primo momento avevo pensato di intitolare il post: J.J. Martin; il povero visionario. Titolo che calza a pennello a una parte della sua vita. Ma nonostante le affermazioni siano entrambe vere, poverissimo lo era e visionario anche, non sono sufficienti a descrivere il lavoro di questo ultimo Grande.

Arco da violino Jean Joseph Martin 1870 c.ca

Nasce il 16 Febbraio del 1837 a Mirecourt da Louis Martin, che occasionalmente lavorava nel mondo della liuteria; un interinale dell'epoca. E Marie Cunisset ricamatrice. Come ricorderete la città di Mirecourt era famosa per i pizzi, oltre agli archi e ai violini.

Rimane orfano del padre in tenera età ed è costretto a iniziare l'apprendistato molto giovane. La sua fortuna di archettaio sta proprio nella scelta del laboratorio dove compiere l'apprendistato. Inizia a lavorare da Nicolas Maline, che come ricorderete, anche se non è mai andato a Parigi, era stato avviato al mestiere da Etienne Pajeot e a soli diciotto anni aveva iniziato a lavorare per J.B. Vuillaume.

Avere iniziato con Maline, è stato molto importante per questo artigiano, perché gli ha dato la possibilità di apprendere le tecniche e le meccaniche della vecchia scuola; quella di Dominique Peccatte, per intenderci.

E' per questo motivo che quando a ventuno anni, il ceco da un occhio Martin (così riporta il passaporto che all'epoca era necessario lasciare Mirecourt e raggiungere Parigi), arriva da Vuillaume, non si lascia irretire dal fascino del nuovo, sviluppato da Voirin negli stessi anni.

Una storiella che fa capire le condizioni di vita di quest'uomo. Quando nel 1858 si reca a Parigi, è talmente povero, che è costretto a compiere i 365 km che separano Mirecourt dalla capitale a piedi, impiegandoci più di dieci giorni!

In laboratorio da Vuillaume, oltre ad incontrare Voirin, trova anche un amico/collega del suo Maestro Maline. Nicolas Maire, che dopo la morte di Pajeot, nel '53-'54, si trasferisce a Parigi, e proprio in quegl'anni inizia anche lui a lavorare per Vuillaume. Ed è proprio il contatto con questi due Grandi che formerà definitivamente la sua tecnica, schermandolo parzialmente dai venti della nuova scuola.

Torna a Mirecourt nel '63 e si sposa con Rose Mougenot il 28 di Agosto dello stesso anno. Questa unione è molto importante, perché provenendo lei da una famiglia di noti liutai, Joseph poté iniziare la sua attività contando su un buon supporto commerciale.

Almeno per i primi tempi gli affari vanno bene. Dopo il 1870 dichiara di dare lavoro ad alcuni operai e di produrre 144 archi al mese.

Nel 1875 si hanno le prime avvisaglie della visionarietà dell'individuo. Non tenendo minimamente in conto, l'egoismo e la mania di protagonismo del novantasette per cento degli artigiani, tenta di dar vita alla prima corporazione. Una "unione di artigiani" che veniva utilizzata per acquistare violini, archi, o accessori, a un prezzo inferiore rispetto al mercato, e rivenderli rimarchiati o modificati. Il manager era lui!

L'impresa andò talmente bene, che l'unica testimonianza della sua esistenza la si deve ad una lettera datata 30 Dicembre 1880 ed indirizzata a Mr. Chanot.

A quel periodo risale l'associazione con la Maison Mennesson, per la quale produrrà un gran numero di archi con innesto "Vuillaume" timbrati "J. Guarini". In oltre contribuisce alla produzione dei primi archi della Maison Thibouville-Lamy.

Alla fine degli anni settanta, il laboratorio Martin conta molti lavoranti, alcuni dei quali faranno poi una buona carriera personale come: A.J. Vigneron, Langonnet padre e figlio, Delunet, e suo figlio, che dal 1880 si trasferì a lavorare da Chanot a Parigi.

Proprio l'inizio del 1880 è foriero di cattivi eventi. Nel Gennaio di quest'anno Martin è costretto a dichiarare fallimento, e nel 1881 il tribunale gli pignora tutto quello che era rimasto in magazzino per pagare i creditori. Fu costretto ad abbandonare la sua casa, e anche Mennesson, come fanno i buoni topi quando la nave affonda, se ne tornò a Reims.

Seppur non con il suo nome, continuò a costruire archi per tutto il resto della vita, supplicando i colleghi di passargli un po di lavoro. Anche se un lavoratore instancabile la sua situazione di indigenza era tale che il comune di Mirecourt decise di devolvergli un assegno di povertà.

Morì, anche lui come tanti, con la pialla in mano il 29 Marzo 1910. Non riuscendo a smettere di costruire, anche quando ormai era del tutto inutile, a sottolineare ancora una volta come questa non sia per chi la fa una professione, ma bensì una vera missione.

Di Martin, nato povero e morto uguale, ci rimangono, oltre ad alcuni archi bellissimi, anche una frase detta dal J.F. Raffin: "Un artigiano eccezionale, che ha creato archi comparabili con quelli della miglior scuola Peccatte; sfortunatamente per lui era più bravo come archettaio che come manager!".

"E' più probabile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un povero vada in Paradiso". Aggiungo io.

Rimane, come recita il titolo del post, l'ultimo veramente Grande!

Lo stile

Come già detto, Martin rimane fedele alla vecchia scuola, sia nelle meccaniche, ma anche nelle stilistiche. Le sue teste sono, come quelle dell'era Peccatte, di profilo molto rettangolare e per alcuni aspetti ispirate a J.P.M. Persoit. Ad esempio l'arrivo rotondo e generoso della cresta e lo smusso spesso molto ampio. Anche se meno caratteriali di quelle del grande Maestro, le sue teste risultano avere una particolare leggerezza, nonostante le proporzioni.

I nasetti sono una bellissima terza via tra il suo Maestro, Nicolas Maline, e il Maestro di tutti, Dominique Peccatte. In pratica prende una gola Maline, dal profilo quasi quadrato, e gli tira su l'angolo in alto, alla Peccatte appunto. Ma mentre in quest'ultimo le linee, ovvero il massimo dell'ingresso, si sviluppa posteriormente in alto, guardando il nasetto, in un punto che sta sulla bacchetta, mezzo centimetro prima dell'occhio. Martin lo sviluppa in avanti, sempre sulla bacchetta, questa volta mezzo centimetro prima della fasciatura. Trasformando il ringhio di Peccatte, nel sorriso bonario di Martin.

A presto

Paolo