ARCHI IN CERCA D'AUTORE

Devo dire che in questo mestiere capita sovente di trovarsi tra le mani oggetti molto difficili da identificare, ma anche nei casi più disperati si riesce comunque a stabilire con un approssimazione vicina alla certezza quale sia il paese di provenienza. Eccezion fatta per il signore qui sotto, la mia pecora nera personale, e a quanto sembra non solo mia.

Arco da violino 1830/35 c.ca presunta provenienza Mirecourt/Strasburgo

La prima volta che l'ho visto, me lo mostrò un vecchio amico d'orchestra. Franco, questo il suo nome, è uno di quei classici appassionati di mercatini di pseudo antiquariato, che ciclicamente  mi chiama per raccontarmi che ha appena trovato uno "strumento meraviglioso", che "non ti dico niente ma vedrai".

Solitamente non sono molto incline a queste richieste, ma dal momento che non vedevo il mio amico da un po di anni, mi sono fatto convincere e ho accettato l'invito per un caffè.

Appena arrivato mi ha subito mostrato il violino, e come immaginavo si trattava di un oggetto di scarsissimo valore. Mentre lo rimette nella custode vedo che ci sono anche due archi e gli chiedo se posso vederli.

Il primo era un oggetto completamente privo di qualsiasi valore; probabilmente un arco cinese da studio degli anni '80. Il secondo invece era proprio l'arco che vedete fotografato, e come avrete capito ha suscitato in me un notevole interesse.

La prima cosa che ho notato è la qualità del legno; marrone chiaro, di media densità, e molto forte. Materiali simili sono stati usati sia in Francia che in Germania nel primo periodo dell'archetteria; fine '700, prima metà del '800.

Le altre due cose che mi hanno fatto capire che l'oggetto che avevo tra le mani non proveniva da una produzione seriale di basso livello sono state, la vernice, trasparente e molto ben tirata, e il modo in cui l'autore è riuscito a far uscire la specchiatura dei raggi midollari sul lato sinistro della testina.

Sia la qualità della gommalacca usata, molto pura, che il modo in cui ha ruotato la bacchetta con la pialla, dimostrano inequivocabilmente che l'autore di questo arco ha avuto un insegnante, e anche bravo a giudicare da come questo arco è costruito.

L'ultima certezza che ha confermato l'ipotesi che stava prendendo forma dai primi indizi è arrivata da un dettaglio a cui pochissimi dei miei colleghi, Italiani in particolar modo, prestano attenzione; la curva.

Oltre ad essere ben eseguita ed in più ancora integra, cosa non facile per un arco che ha più di 150 anni, il modello è quello antico; comunemente chiamato Curva Peccatte. Quindi, dal momento che questo modello meccanico fu abbandonato alla fine degli anni '50 dell'Ottocento, a seguito delle innovazioni introdotte da F.N. Voirin, il nostro è sicuramente stato costruito prima di questa data. 

Altra conferma per la datazione arriva dalla lunghezza della bacchetta, più corta di circa 5 mm rispetto alle misure moderne.

Anche la testina è ben eseguita anche se tradisce un gusto un po troppo acerbo dovuto probabilmente alla giovane età dell'artigiano.

Le linee portanti di smusso, scarpetta e casetta, sono messe correttamente in relazione, suggerendo anche qui un buon insegnante. Lo si nota osservando la coerenza che c'è tra la grandezza dello smusso e l'inclinazione della cresta. Come spesso vi ho detto, le testine antiche essendo di profilo sostanzialmente rettangolare, creavano notevoli problemi di leggerezza, che gli autori di quel periodo tendevano a limitare aprendo molto lo smusso.

In questo caso invece l'artigiano fa uno smusso piccolo, ed è quindi costretto ad intervenire scivolando molto la cresta, ottenendo un effetto non privo di eleganza.

Oltre alla buona esecuzione, la testina inizia a dare anche indizi su quale sia la sua provenienza. L'arrivo della bacchetta è mantenuto largo fino alla fine, tipico della scuola Francese, anche se l'inclinazione delle facce laterali della bacchetta è troppo accentuata; leggermente atipico e che naturalmente si ripercuote anche sulla geometria della scarpetta in avorio.

Altri due particolari che avvicinano l'arco alla Francia sono l'arrivo sull'avorio degli smussi della cresta e la geometria triangolare della casetta; un particolare inconfondibile di questa scuola, diverso da quella Tedesca che è pentagonale.

Gli smussi della cresta, nella tradizione Francese devono arrivare a toccare la scarpetta in avorio, mentre in quella Tedesca si fermano sul legno.

Altro indizio per la provenienza è costituito dalla mortasa della coda. Mentre la Tedesca rimane inscritta nella faccia centrale, quella Francese deborda leggermente su quelle laterali dell'ottagono.

Queste due foto invece ci dicono in che tipo di laboratorio è stato costruito. Come potete vedere, sia sul retro della scarpetta, che sulla testa della paletta del nasetto di sono tre piccole incisioni. Questi segni ci danno la certezza della totale originalità dell'arco, e ci dicono che è stato costruito in un laboratorio allargato. I segni venivano usati nei laboratori con più di un operaio per non confondere i molti archi in produzione e per rendere più semplice il controllo di qualità. 

Il nasetto è montato in alpacca, e questo particolare potrebbe ingannare i meno esperti, perché essendo un materiale povero potrebbero scambiarlo per una produzione seriale del primo novecento. Invece è proprio l'alpacca a renderlo interessante.

Questa stilistica del nasetto, e le madreperle usate ricordano molto da vicino alcuni autori noti della scuola Francese del primo Ottocento come Maire o Schwartz. In questo stesso periodo (1829) venne presentata in Germania quella che sembrava essere un innovazione eccezionale, bella come l'argento e molto più economica.

Spinto dalla possibilità di risparmiare, Jean Dominique Adam ne produce alcuni tra il 1830 e il 35, in parte ordinati da Francois Lupot II. Dopo poco però il nuovo materiale comincia a dare i primi sintomi di imperfezione; con il passare del tempo si ossida e assume un colore verdastro.

Da quel momento in poi nessuno userà più l'alpacca per costruire archi di classe.

Tirato le somme ho cercato conferme. Il primo collega che ho contattato, il M° archettaio Jean Narros, è arrivato anche Lui alle mie stesse conclusioni. Il secondo, meno esperto, ha sparato nel mucchio; fabbrichetta Francese fine '800, primi '900.

Comunque sia tutti e tre i pareri portavano in Francia. Convinto ormai della provenienza cerco l'ultima conferma a Parigi. Mando alcune foto al M°Raffin, e Lui mi risponde che la bacchetta è a suo parere Tedesca, ma che nutre alcuni dubbi sul nasetto. Faccio notare che i tre segni su scarpetta e nasetto dimostrano che sono stati costruiti insieme, e allora taglia corto e manda in Germania anche il nasetto.

Beh pazienza mi dico, mandiamo le foto al M°Grunke a Berlino, e chiediamo se riconosce l'arco come Tedesco, e se è possibile certificarlo.

Risposta: non è possibile certificarlo perché l'arco non è Tedesco

Concludendo l'analisi, anche se non è stato riconosciuto ne in Francia ne in Germania, rimane comunque il fatto che nessuno all'epoca, oltre agli artigiani delle nazioni citate, aveva le conoscenze tecniche per poter costruire un oggetto del genere, quindi il luogo di provenienza non può che essere uno dei due.

In oltre vi inviterei ad una riflessione. Come mi disse un collega in Rue de Rome, "Per te è un peccato che sia Tedesco, ma il musicista che lo comprerà sarà molto fortunato. Un oggetto ottimo a non più di 6000 euro, fosse stato Francese ce ne sarebbero voluti 30.000!".

A presto

Paolo