VUILLAUME, PAJEOT, E LO SPIONAGGIO INDUSTRIALE

Lo so, lo so; sembra il titolo di una storia di Paperino, ma se ci pensate bene, visto i personaggi in gioco e le dinamiche, più che spionaggio industriale, sembra un avventurosa disputa tra il machiavellico Paperon de Paperoni, e il suo storico rivale Rockerduck. E anche in questa storia come in tutte le altre della saga, Pajeot finirà per mangiarsi la bombetta!

Arco auto-incrinante Pierre Simon per Jean Baptiste Vuillaume 1850 c.ca

Per prima cosa ringrazio ancora una volta, la "Cité de la musique" per il bellissimo archivio fotografico del "Musée de la musique", da cui provengono le immagini che vedete, e che potete visitare all'indirizzo:

http://mediatheque.cite-musique.fr/masc/

Secondariamente vi segnalo i masterclass estivi "Suonarte" , che si terranno dal 4 al 11 agosto, nella prestigiosa cornice dell' Accademia Tadini di Lovere.

Palazzo Tadini

Oltre a dare la possibilità di studiare con musicisti di altissimo livello, le masterclass di "Suonarte", offrono agli studenti una cornice che solo il nostro paese può dare.

Fare musica in un aula di un palazzo cinquecentesco, arredato con mobili antichi e quadri del 4/5/600, cullati dalla stanca risacca del Lago d'Iseo, come diceva una nota pubblicità, non ha prezzo!

Docenti:

Ilya Grubert - violino
 
Gregor Horsh - violoncello
 
Naum Grubert - pianoforte
 
Emanuela degli Esposti - arpa
 
Marco Perini - musica da camera
 
Accompagnatori al pianoforte:

Massimo Guidetti
Anna Bosacchi
 
Claudio Piastra - direzione artistica
 
 
Espletato i doveri dei ringraziamenti torniamo indietro ad occuparci dei nostri due conoscenti.
 
Lo spionaggio industriale a cui mi riferisco, è naturalmente la questione dell'arco auto-incrinante brevettato da Jean Baptiste Vuillaume nel 1836, e le accuse da parte di Etienne Pajeot di avergli rubato l'idea.
 
Anche se è molto probabile che le accuse mosse da Pajeot nei confronti di Vuillaume fossero fondate. Ricorderete certo che nel 1830 Claude Joseph Fonclause, dopo essere stato impiegato da Pajeot per quindici anni, si sposta a Parigi per lavorare presso Vuillaume, e dal momento che proprio in quegli anni il vecchio datore di lavoro stava lavorando su quest'innovazione, non è da escludere che il segreto sia stato usato per farsi ben volere dal nuovo, visto che quest'ultimo l'ha brevettata per primo.
Pur essendo un idea di Pajeot, credo che brevetto a parte, Vuillaume si meriti una buona parte della paternità di questa invenzione, dal momento che è Lui che è riuscito per primo ad igegnerizzarla.

Progetto Vuillaume arco auto-incrinante (ingrandisci)

Come accade spesso, chi ha una buona idea, non riesce a svilupparla al meglio, e questo è un caso classico.

Pajeot, artigiano per cui nutro una stima infinita, tanto da farmelo posizionare sul terzo gradino del mio podio ipotetico, dopo F.X. Tourte e J.P.M. Persoit, era un archettaio dalle capacità eccezionali, ma non riuscì mai ad ottenere un modello al livello dei Vuillaume. D'altronde, quest'ultimo, abitava in una città che in quegl'anni si contendeva il primato della matematica e della ricerca scientifica europea con Gottinga.

A Parigi all'epoca c'erano scuole di primissimo ordine come L'École Polytechnique o la Sorbona, e cervelli come Laplace o Fourier, che hanno dato l'incipit fondamentale al mondo come lo conosciamo oggi. Pensate che alla base della codifica dei segnali digitali, c'è una famosissima funzione detta Trasformata di Fourier. Grazie a quest'uomo e alla sua scoperta, voi oggi potete ascoltare la musica dal vostro ipod, e pensate che quando l'ha fatta, non esisteva neanche la lampadina!

Non era così difficile trovare un buon tecnico per chiedere consiglio a Parigi. Come potrete immaginare, il livello culturale di Mirecourt era lievemente inferiore, e questa può essere una delle probabili cause della non perfetta riuscita del modello Pajeot. Comunque sia quello Vuillaume era sicuramente superiore, e grazie all'archivio della Cité de la musique, posso per una volta illustrarvene il funzionamento.

Il problema da risolvere era, di dare la possibilità ad ogni musicista di sostituirsi autonomamente il crine, e per fare questo c'era bisogno di consegnare il mazzetto già pronto per il montaggio. L'idea, e per il crine e la testa, anche la realizzazione, di Pajeot è perfetta. Per tenere in posa il crine lo ferma con un piccolo cilindretto ad ognuno dei due capi.

Il cilindro, che serve a dare un minimo di pettinatura, viene inserito nella testina tramite un foro laterale, e naturalmente la parte davanti della mortasa rimane aperta sui due lati, per far passare il crine. Spesso sulla scarpetta viene fatto un piccolo scavo della larghezza del letto del crine per impedirne la debordazione laterale. Fin qui possiamo dire che è tutta farina del sacco Pajeot, ma il nasetto è cosa più seria e proprio qui vince Vuillaume.

Mentre per la testina bastava un buco, il nasetto richiedeva un po di ricerca in più, per consentire a chiunque di poterlo smontare e rimontare. La soluzione che trova è estremamente elegante.

In questo particolare modello, il nasetto non è mobile come in tutti gli altri, e la tensione dei crini è affidata a quella piccola vela che a un estremità ha il foro che regge il mazzetto, e all'altra una madrevite. Girando la vite del bottone, la struttura scorre all'indietro e il crine va in tensione.

Una volta sostituito il mazzetto, veniva inserito un piccolo zocchetto in ebano con la slitta in madreperla, che si incuneava sotto l'argento del ginocchio. A questo punto si chiudeva ad incastro con l'anello, e l'arco era pronto per suonare.

Arco auto-incrinante Pierre Simon per Jean Baptiste Vuillaume 1850 c.ca (ingrandisci)

Cambiare il crine in questo modo certo non era il massimo, ma comunque era pur sempre una soluzione che consentiva di avere crini freschi in qualunque occasione, e consideranti i mezzi di trasporto dell'epoca credo che fosse molto di aiuto ai musicisti.

L'invenzione è da attribuirsi a mio parere ad ambedue, anche se all'epoca il caro Pajeot/Rockerduck fu costretto a mangiarsi l'amara bombetta, con Vuillaume/Paperon de Paperoni, che si godeva la scena sorridendo sornione.

A presto

Paolo

Approfondimenti:

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