RESTAURO ARCO GIUSEPPE LECCHI

Prima di illustrarvi l'ultimo bellissimo restauro eseguito dal Maestro Navea Vera, è doveroso ringraziare il proprietario per la pazienza. Per riavere il suo arco ha dovuto attendere tre mesi e mezzo, ma gli è bastata un occhiata per capire che l'attesa era stata ben ripagata. Il primo commento che ha fatto è stato: - Perché, era rotto?! -.

Arco da violoncello timbrato Lecchi 1950 - 55

Ho sentito nuovamente oggi il proprietario di questo arco, e ancora una volta mi ha ringraziato, con una voce all'incrocio tra la felicità e l'emozione di aver ritrovato un vecchio compagno di strada.

Questo signore è uno strumentista di "lungo corso" potremmo dire; proprio l'altro giorno quando gli ho riconsegnato l'arco, mi diceva di essere stabile nell'Orchestra Nazionale di Santa Cecilia fin dal 1984. Quando me lo ha consegnato mi ha detto che non gli interessava se valesse molto o poco, ma che era il suo arco praticamente da tutta la vita e ci raccomandava di averne la massima cura.

E' stato bello vederlo felice di averlo di nuovo tra le mani e in salute; fosse stato irrecuperabile penso che avrebbe perso qualcosa di più di un semplice pezzo di legno. E adesso il lavoro del mio collega.

La rottura

L'arco presentava una frattura lunga circa 2.5 cm nella parte terminale superiore della bacchetta. La rottura, come potete vedere dalle foto, interessava quasi la metà dello spessore della bacchetta.

Questo tipo di frattura non è provocato da urti accidentali, ma è purtroppo un errore di selezione del materiale da parte del costruttore, che per inciso non è Giuseppe Lecchi che era liutaio, ma probabilmente Charles Alfred Bazin da cui comprava archi per poi marchiarli e venderli.

Come vedete nella foto qui sopra la fibra del legno è molto inclinata rispetto all'asse della bacchetta, questo fa si che in quel punto la lunghezza non sia sufficiente a reggere le forze che vi si concentrano.

Capisco il pensiero che è passato per la testa al costruttore di questo arco, perché fatta eccezione per la disposizione della fibra questa bacchetta è molto bella, e quindi qualsiasi artigiano sarebbe stato tentato di salvarla.

Il restauro

Naturalmente la prima cosa da fare è asportare totalmente la rottura, per poi successivamente incollarvi il nuovo pezzo di legno. Per farlo si procede ad incollare la parte della bacchetta interessata su una tavoletta di legno.

Fissare la bacchetta in questo modo consente di poter lavorare con una certa comodità, come vedete dalla foto qui sopra, che purtroppo è sfocata e per la quale mi scuso, ma è l'unica che sono riuscito a fare al mio sfuggente collega. In oltre come vedete qui sotto viene aumentata la superficie dell'incollaggio, ma soprattutto consente di eseguire il piano perfettamente in asse con la bacchetta.

Così appare il profilo dell'arco dopo aver tolto tutta la rottura; i numeri che vedete scritti sotto le frecce si riferiscono al diametro originale e all'altezza massima della cresta.

Una volta preparato il pezzo nuovo, scelto e lavorato tenendo conto del colore e della disposizione della fibra del legno, vi si fanno dei piccoli graffi, come vedete nella foto, per aumentare la presa della colla.

Siamo arrivati alla fase dell'incollaggio, una volta eseguito lo si fissa con dei morsetti e lo si lascia riposare per qualche giorno.

Una volta che la colla ha fatto presa, si rimuove la tavoletta e si segna, come vedete nelle foto sopra e sotto la mezzeria della bacchetta e della testa.

A questo punto il Maestro Navea Vera ha proceduto nel lavorare le due facce laterali, facendo attenzione ad inclinarle più di quelle originali, in modo da evitare il contatto con la testina.

Da questo momento in avanti le foto scarseggiano; purtroppo io non posso essere sempre presente in laboratorio per farle, ed il mio collega da questo punto in avanti si è dimenticato, quindi i prossimi passaggi sono costretto a raccontarveli senza farveli vedere.

Una volta fatti i laterali si procede a ricostruire il tondo, quindi si fanno le due facce inclinate superiori a pialla, e dopo si arriva al rotondo con la lima.

Dopo aver accennato la testa si inserisce una vite in titanio per mettere in sicurezza il restauro, di cui si vede il forellino terminale nella foto qui sotto, che è anche l'unica testimonianza della presenza di una vite, perché il mio collega l'ha fatta praticamente sparire e non ne troverete traccia nelle altre immagini.

Inserita la vite si finisce la testina e si procede, prima con l'ossidazione con i raggi UVA, e successivamente con la verniciatura e la levigatura.

Il restauro finito

Beh non credo ci sia molto da aggiungere, le immagini parlano da sole. Esecuzione perfetta, anche sotto una luce molto forte la linea dell'incollaggio è appena percettibile. Il colore non è ancora esattamente identico, ma tempo sei mesi di ossidazione e lo diventerà.

Aggiungo solo: Grazie Daniel, è bello vederti lavorare.

Particolare della parte terminale dell'incollaggio.

La vite è posizionata sul vertice della cresta un millimetro e mezzo dopo quella macchia nera che vedete, e vi garantisco che non è la foto; anche dal vivo non c'è!

A Francesco

A presto

Paolo